mercoledì 15 ottobre 2014

Piacere, mi chiamo Mustafà. Vuol dire Stefano in italiano

Aspetti tristemente il volo di ritorno, e, per non congelarti sotto lo split dell'aria condizionata, ti infili in un negozietto.
No, non al Duty Free, in un bugigattolo di 3 metri per 2 con una quantità di paccottiglia made in China che manco a Shanghai. Hai voglia di spendere qualche euro e cerchi disperatamente con lo sguardo l'oggetto meno kitsch, quando ti scappa una battuta in dialetto veneto: "chissà quanto ch'el spara"

"Noialtri no sparemo"

Ti volti e vedi la tipica faccia solare e sorridente di un nubiano che ti dice "ostregheta, mi so el moro de venessia" e così continua a comporre frasi che tu, cresciuta in una famiglia parlante italiano, ti vergogni di non saper pronunciare.

El  moreto ti spiega che no, non è mai stato in Italia. In realtà non è mai uscito dall'Egitto e ha imparato tutto stando nel bugigattolo di paccottiglia dell'aeroporto. Parla chiaramente anche milanese, napoletano, romanesco e tutti gli altri dialetti italiani, oltre al nubiano, l'arabo, l'inglese, il francese, lo spagnolo, il tedesco e credo anche il russo e il ceco.

Poi si presenta, gli stiamo simpatiche, si capisce da come mi dice "te sì fora come un balcon" e se ne esce con un "Piacere, mi chiamo Mustafà. Vuol dire Stefano in italiano" *.

E lì mi cala la tristezza.

Perché Mustafà, che in egiziano si pronuncia Mustafa con l'accento sulla prima a, ha imparato una decina di lingue per guadagnarsi da vivere, ma l'italiano in vacanza non riesce nemmeno a pronunciare correttamente i nomi dei suoi interlocutori locali. Pochi, di solito, perché l'italiano spesso sceglie villaggi con animazione italiana, separata da quella  "internazionale". No, dico, pure l'acquagym si svolge in 2 piscine: una per gli italiani, una per tutto il resto degli ospiti (tedeschi, russi, cechi, olandesi, egiziani, etc.).

Così Mustafa diventa Mustafà, "perché così è più facile", Maha diventa Maya, Yasmin diventa Jasmin (da pronunciare Giasmin, da reminiscenze disneyane), Ahmed diventa Amedeo, Adel sarà Adelino e Mohamed, il nome proprio più diffuso in Egitto, si trasforma nei più svariati Mario, Alessandro, Francesco.

Tutto per compiacere il turista italico, che non vorrai mica si sforzasse troppo. Nemmeno più i soldi gli fanno cambiare, perché tutti i prezzi sono in euro. Quando gli si chiede il prezzo in lire egiziane vanno in crisi e prendono la calcolatrice. Però ti ringraziano, perché per loro è più facile. E un po' se ne approfittano, ingigantendo il cambio.

Stiamo parlando dello stesso italiano che si lamenta se lo spaghetto è scotto o che mangia per 7 giorni riso bianco con il limone per paura della diarrea. Che appena sente parlare di Mohamed Ali Pasha, sultano ottomano considerato il padre fondatore dell'Egitto, interviene con un puntuale "ah, pensavo il pugile".
Proprio di quell'italiano che al buffet costruisce due piramidi di pasticcini su due piatti di portata e li lascia quasi tutti lì, sul tavolo, a sbeffeggiare i camerieri che fanno doppi turni per mantenere la famiglia.
Lui, che non vuole uscire dal villaggio perché altrimenti gli sparano. Lei, che in gita con la guida non si avvicina nemmeno a un negozio perché teme la stuprino.

Ma gli egiziani ci amano. Tanto. Li ringrazio, ma sinceramente non li capisco.


Una band nubiana moderna che porta la tradizione in giro per il mondo

* P.S. Mustafa non vuol dire Stefano, in italiano