martedì 24 maggio 2011

Contro i mulini a vento: musulmano ≠ islamico


In un post precedente, commentando un editoriale di Giovanni Sartori, esimio politologo da me stimato quando parla di cio' che sa, ingoiando parecchi rospi, ho evitato di commentare (ma non di citare) l'errore molto comune di utilizzare come sinonimi i termini "musulmano" e "islamico".
Un mio cavallo di battaglia fin dai tempi dell'università. Battaglia contro i mulini a vento, s'intende, come molte delle mie.

In breve: "islamico" nasce come aggettivo che significa "appartenente all'islam" (che ne so, legge islamica, macelleria islamica, valori islamici), mentre "musulmano" è sia aggettivo sia sostantivo. I media hanno, invece, cominciato ad usare l'aggettivo "islamico" anche come sostantivo, di solito legato a una connotazione politico-fondamentalista. Per questo sarebbe più corretto, invece, usare "islamista".

Ora, grazie a un post di Paola Caridi sul suo bellissimo blog, Invisiblearabs, mi sento meno sola. E, come lei, sempre più schifata dalla strumentalizzazione, anche terminologica, dell'ignoranza e della superficialità.

venerdì 20 maggio 2011

Ma che italiani e italiani d'Egitto...

Ieri durante un colloquio di lavoro mi chiedevano come ho fatto a integrarmi alle altre culture nelle mie svariate esperienze professionali all'estero. La mia risposta è stata "beh, ho di solito avuto parecchie difficoltà a integrarmi con gli italiani espatriati come me". Quest'affermazione ha chiaramente suscitato alzate di sopracciglia e lunghi commenti scritti (che vorrà dire, non so), però devo ammettere che, a freddo, sorprende un po' anche me.

Ora, non è che voglia per forza fare quella amica dei popoli a tutti i costi, ma l'atteggiamento di certi italiani residenti all'estero mi manda in bestia.
Il senso di superiorità, l'eterna lamentela, la critica caustica sempre a fior di labbra. Il fardello dell'uomo bianco. Sì, abbiamo avuto una storia coloniale da far ridere i polli e giochiamo ora a fare i conquistatori all'estero, contornandoci da tutte le suppellettili del caso, compresi vari ed eventuali schiavetti da vessare a piacimento.
Chiaramente, all'estero fa tutto schifo, niente sarà perfetto come in Italia e il popolo ospitante, essendo tendenzialmente troglodita, non ha proprio i mezzi per capire cosa vogliamo dire.
Da italiana all'estero seguo commenti, punti di vista, osservazioni e timori di altri miei "colleghi" residenti nella mia seconda patria, l'Egitto.

Sono basita.

Prima tutti a seguire la rivoluzione con ammirazione e orgoglio (sí, per un momento sono stati capaci di provare questi sentimenti nei confronti degli indigeni), poi, appena caduto Mubarak, tutti ad aspettarsi un'economia fiorente, strade svizzere, legalità impeccabile, coscienza ecologica che la Danimarca in confronto è una dilettante, donne in bikini come a Rio, baci omosessuali interreligiosi.

Bravi. Complimenti. Chapeau.

Si stava meglio quando si stava peggio. E, in effetti, anche le mezze stagioni non esistono più. La frutta? Acquetta… No, in Egitto no.

Questa è una bellissima analisi della situazione post-rivoluzionaria da una residente al Cairo che scrive per uno dei più importanti quotidiani indipendenti egiziani, Al Masry Al Youm.
L'Egitto E' un casino, ma 1) La cosa non deve sorprendere, 2) Criticare e lamentarsi non giova, 3) Credo che il popolo egiziano abbia bisogno del pieno supporto anche degli stranieri che vivono li', proprio perchè come loro, amano il paese (o almeno così dicono).

Non è vero che Mubarak teneva sotto controllo la situazione, anzi. Usava i suoi burattini come voleva, in pieno stile divide et impera (al fitna, in arabo) e bastone e carota. Gli uomini del regime erano dietro l'attentato di Sharm e quello alla chiesa copta di capodanno. In un paese dove la religione è fonte di legittimazione individuale, il regime la usa come arma, come deterrente e come antidoto. E tutto questo succede ancora, com'è spiegato benissimo qui , qui e qui . Nell'ultimo link segnalato il punto di vista è di Alaa Al Aswani, non ditemi che non lo conoscete. In tutti gli scontri settari che abbiamo visto dopo l'11 febbraio, c'è dietro un macchinoso disegno tessuto da chi è ben lungi da lasciare il potere.
Altro che colpi di coda del regime, c'è tutto ancora dentro mani e piedi.

Sveglia, cari italiani, aprite la mente, gli occhi e le orecchie.


posted by: marghe

sabato 14 maggio 2011

zikrayat


meg e marghe
(mi è capitata tra le mani questa foto, sembra una vita fa...)

e ci aggiungo un video, che non è un ricordo ma potrebbe esserlo.

martedì 3 maggio 2011

Tu vuo' fa' o' talebano



Avevo giurato a me stessa di non farmi coinvolgere. Perchè dovrebbe importarmi la morte di un personaggio che sembra un'entità parallela piuttosto che una persona vera?
E infatti, non mi interessa. 
Quello che attrae la mia attenzione (morbosa, lo ammetto) è il cancan mediatico che inevitabimente ne è scaturito. 
Vorrei non curarmi di loro, ma guardare e passare, e vorrei non notare le seguenti cose - cosi', di getto, sono sicura che appena pubblico me ne verranno altre, anzi, se volete partecipare all'elenco, siete i benvenuti: 
  • il presidente Obama che esulta della morte di un (ex?) sanguinario terrorista che ha smesso di essere popolare, ma è diventato una sorta di "mito", al negativo, chiaro. 
  • l'opinione pubblica che si sente sollevata dalla morte del personaggio e dichiara vinta una battaglia nella guerra al terrorismo
  • le feste in piazza come ai mondiali
  • le prime 3 cose dopo un arco temporale di 10 (dieci) anni
  • la storia della sepoltura in mare secondo la legge islamica  
  • la foto taroccata che risale al 2006 
  • il fatto che il latitante latitasse in un quartiere residenziale in mezzo a caserme e accademie militari pachistane 
  • la Biancofiore che inneggia al miracolo del neo-beato Wojtyła

...ma non ci riesco, e siccome dovro' farmene una ragione, canto.

Ve lo ricordate? Circolava poco dopo il fattaccio 10 anni fa...




posted by: marghe

lunedì 2 maggio 2011

my medicine

Le giornate sono più intense che mai, il tempo per scrivere poco. Senza pensare parole, che nel passaggio dalla mente allo schermo perdono i colori - ok prenderò in considerazione l'idea di una visita neurologica -, condivido con voi la mia medicina di stasera. E' anche il mio veleno: mi intossica il cuore, che volerebbe via. Tutto intorno a me diventa gabbia. Un gran casino.

Questa sera ho iniziato da un disco degli Almamegretta: Lingo. Quello con 'Black Athena', singolo che nel '98 si è sentito abbastanza per radio. In quel disco una canzone mi piaceva particolarmente: Fatmah.



Navigando scopro che pare sia ispirata al romanzo di Sélim Nassib OUM, tradotto in italia con il titolo di TI HO AMATA PER LA TUA VOCE (e/o edizioni), che parla dell'Egitto e dell'amore del poeta Ahmed Rami per la cantante Oum Kalthum, la Stella d'Oriente (kawkab ash-sharq), o la Signora (es-sitt), come veniva chiamata.

"...'e stelle nun se ponno tucca'
me aggio 'mparato 'e ppuò sulo guarda'
e si na stella canta pe' ammore
rimmane 'ncielo mille anne e nun more".

Rami compose 137 testi dei 283 cantati da Oum Kalthum. Di seguito uno a caso (non per altro: non so scegliere...).



Qui si trova il testo: http://almashriq.hiof.no/egypt/700/780/umKoulthoum/Songs/LYR/msaharni.html

Il libro di Selim Nassib è molto bello.

Continuando a cercare nella rete scopro anche che è pronto il nuovo album del trio Joubran: Samir, Wissam e Adnan sono tre fratelli di Nazareth e suonano molto bene l'Oud. Non li conoscete?


Nell'attesa di ascoltare AsFâr ... vi propongo la musica dei fratelli Joubran che accompagna la voce del poeta palestinese, scomparso nel 2008, Mahmoud Darwish.



Il testo:
على هذه الأرض ما يستحق الحياة
تردد إبريل
رائحة الخبز في الفجر
تعويذة امرأة للرجال
أول الحب
عشب على حجر
أمهات يقفن على خيط ناي
وخوف الغزاة من الذكريات
على هذه الأرض ما يستحق الحياة
نهايات أيلول
سيدة تترك الأربعين بكامل مشمشها
ساعة الشمس في السجن
غيم يقلد سربا من الكائنات
هتافات شعب لمن يصعدون الى حتفهم باسمين
وخوف الطغاة من الأغنيات
على هذه الأرض ما يستحق الحياة
على هذه الأرض سيدة الأرض
أم البدايات, أم النهايات
كانت تسمى فلسطين
صارت تسمى فلسطين
سيدتي...أستحق لأنك سيدتي
أستحق الحياة

Hanno diritto su questa terra alla vita:
il dubbio d’aprile,
il profumo del pane all’alba,
le idee di una donna sugli uomini,
le opere di Eschilo,
il dischiudersi dell’amore,
un’erba su una pietra,
madri in piedi sul filo del flauto,
la paura di ricordare negli invasori.
Hanno diritto su qusta terra alla vita:
la fine di settembre,
una signora quasi
quarantenne in tutto il suo fulgore,
l’ora di sole in prigione,
nuvole che imitano uno stormo di creature,
le acclamazioni di un popolo a coloro che sorridono alla morte,
la paura dei canti negli oppressori.
Su questa terra ha diritto alla vita,
su questa terra,
signora alla terra,
la madre dei principi,
la madre delle fini.
Si chiamava Palestina
si chiamava Palestina.
Mia signora ho diritto, che sei mia signora,
ho diritto alla vita.